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Boccata d’ossigeno per il Seti

Tutti gli appassionati di scienza conoscono la sigla Seti, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di intelligenza extraterrestre). I moderni progetti di Seti sono iniziati nel 1959 con un famoso articolo pubblicato su Nature scritto dai fisici Giuseppe Cocconi e Philip MorrisonSearching for Interstellar Communications. In questo paper Cocconi e Morrison sostenevano che le frequenze di trasmissione radio più adatte alle comunicazioni interstellari fossero quelle tra 1 e 10 GHz. Nel 1960 l’astronomo statunitense Frank Drake (Cornell University) diede vita alla prima ricerca strumentale in campo Seti, il Progetto Ozma. Drake utilizzò un radiotelescopio di 25 metri di diametro sito a Green Bank, per scandagliare le stelle Tau Ceti ed Epsilon Eridani a frequenze vicine a 1,420 GHz. Non furono ricevuti segnali di origine artificiale, ma è stato l’inizio di una grande avventura che continua tuttora. Meno noto è che, attualmente, tutta la ricerca in ambito Seti viene portata avanti dal Seti Institute tramite finanziamenti esclusivamente da privati.

Fondato nel 1984, il Seti Institute è un’organizzazione senza fini di lucro la cui missione principale è la ricerca delle origini della vita e dell’intelligenza nell’universo a beneficio di tutta l’umanità. La ricerca portata avanti dal Seti Institute, che ha la propria sede a Mountain View (California), abbraccia sia le scienze fisiche, sia quelle biologiche avvalendosi di tecniche di machine learning e di tecnologie avanzate per il rilevamento dei segnali. Non mancano collaborazioni con l’industria, il mondo accademico e le agenzie governative statunitensi, tra cui la Nasa, il Dipartimento dell’energia e la National Science Foundation. Fiore all’occhiello del Seti Institute è l’Allen Telescope Array, un radiotelescopio costituito da 42 antenne paraboliche di circa 6 metri di diametro dedicato sia alle osservazioni astronomiche, sia alla ricerca simultanea di segnali radio da intelligenze extraterrestri. Il sistema di antenne è situato presso il radio osservatorio di Hat Creek, 470 km a nord-est di San Francisco e la sua costruzione è iniziata nel 2001 grazie a un finanziamento complessivo di 25 milioni di dollari da parte di Paul Allen (co-fondatore della Microsoft), da cui il radiotelescopio prende il nome.

Come si sarà capito, una ricerca di punta come quella del Seti si può fare solo con adeguati finanziamenti e, in effetti, il Seti Institute ha più di cento ricercatori che lavorano a decine di programmi nel campo dell’astronomia e dell’astrofisica, che si dedicano agli esopianeti, all’esplorazione planetaria, all’astrobiologia e – naturalmente – alla ricerca di intelligenze extraterrestri. Recentemente è stata fatta una donazione filantropica di 200 milioni di dollari da parte di Franklin Antonio, sostenitore e catalizzatore del lavoro del Seti Institute da oltre 12 anni e co-fondatore della Qualcomm, una società statunitense di ricerca e sviluppo nel campo delle telecomunicazioni senza fili con sede a San Diego. Antonio è venuto a mancare il 13 maggio 2022 e ha lasciato questa eredità per consentire il proseguimento della ricerca della vita intelligente extraterrestre.

Come verranno usati questi fondi? Con le classiche attività che ogni centro per la ricerca scientifica deve perseguire: 1) istituire borse di studio post-dottorato e sovvenzioni per i programmi scientifici ed educativi del Seti Institute; 2) consentire alla ricerca di base portata avanti dal Seti Institute di espandersi ed estendere la sua portata a livello globale attraverso nuove collaborazioni internazionali; 3) sviluppare nuovi programmi educativi e iniziative didattiche, specialmente dedicate alle comunità svantaggiate; 4) sostenere lo sviluppo di tecnologie osservative innovative e nuovi strumenti analitici.

In sintesi, questa donazione consentirà al Seti Institute di ampliare i confini della conoscenza umana nell’esplorazione della vita oltre il nostro pianeta e sulle origini della vita qui sulla Terra e dobbiamo esserne lieti, per questa ulteriore possibilità che viene data all’intelligenza umana.

 

Fonte: Media INAF

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