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Quel vento che forgia i cerchi radio anomali

Quando nel 2019 sono stati rilevati dall’array di radiotelescopi Askap (Australian Square Kilometre Array Pathfinder), mai nessuno prima di allora aveva visto qualcosa di simile. Hanno una forma circolare. Sono enormi, talmente grandi da poter contenere al loro interno intere galassie. E luminosi, luminosi nel radio. Sono sorgenti astronomiche extragalattiche diverse da qualsiasi oggetto celeste precedentemente riportato in letteratura, tant’è che gli astronomi che li hanno scoperti li hanno chiamati Orc, acronimo di odd radio circle: cerchi radio anomali.

A oggi di questi anelli di emissione radio continua ne sono stati individuati quasi una dozzina. I primi tre cerchi radio sono stati scoperti durante la survey Evolutionary Map of the Universe utilizzando l’Askap. Un quarto Orc (Orc 4) è stato individuato nei dati d’archivio acquisiti dal Giant Meterwave Radio Telescope. Ulteriori Orc sono stati scoperti più recentemente nei dati ottenuti dell’array di telescopi MeerKat.

La domanda che si sono posti all’epoca della loro identificazione e che si pongono tutt’ora gli astronomi è: come si formano queste strutture? Per spiegare la loro origine sono state proposte diverse teorie. Alcune chiamano in causa le nebulose planetarie. Altre le fusioni di buchi neri. Altre ancora i wormhole. Nessuna di queste teorie, tuttavia, sembra fornire una spiegazione convincente. Ora un team di ricercatori guidato dall’Università della California a San Diego ritiene di averla trovata, questa spiegazione: a forgiare i cerchi radio sarebbero i venti provenienti dalla galassia situata al centro dei cerchi stessi. Venti prodotti dall’esplosione di stelle massicce che vengono lanciati ad alta velocità nello spazio circostante. La ricerca è pubblicata su Nature.

Per giungere a questa conclusione, Alison Coil, scienziata dell’Università della California a San Diego, e colleghi hanno osservato uno dei pochi cerchi radio osservabili dal nostro emisfero, Orc 4, e la galassia al centro di questa sorgente radio, Wise J155524. L’obiettivo dei ricercatori era identificare un’eventuale controparte ottica della sorgente che permettesse di dare indicazioni circa l’origine di queste strutture. E ci sono riusciti: utilizzando il Keck Cosmic Web Imager (Kcwi), lo spettrografo montato sul telescopio Keck I del W.M. Keck Observatory di Maunakea, nelle Hawaii, hanno rilevato una riga di emissione dell’ossigeno ionizzato (O II) sufficientemente luminosa da permette di studiare le caratteristiche di Orc 4 e della galassia al suo interno, sondando la morfologia, l’estensione e la cinematica del gas.

Con più domande che risposte, il team ha portato avanti il lavoro investigativo, determinando la massa della galassia e l’età delle stelle al suo interno e creando mappe di distribuzione e velocità del gas nella regione Orc 4. I risultati delle analisi hanno mostrato la presenza di grandi quantità di gas che coprono una regione di circa 40 kiloparsec di diametro – circa 130mila anni luce. Il gas, inoltre, aveva una velocità pari a circa 200 chilometri al secondo ed è risultato essere molto più luminoso del previsto.

«Il segnale dell’ossigeno ionizzato (OII) di Orc 4 copriva quasi tutta la galassia ed era dieci volte più luminoso del normale», dice Coil. «C’era una quantità pazzesca di OII, molto più di quella normale. Il gas mostrava anche una gamma di velocità molto più ampia di quanto ci si aspettasse, il che suggerisce che si stava muovendo vigorosamente».

Considerate tutte queste proprietà, la conclusione dei ricercatori è che all’origine di Orc 4 vi sia il vento prodotto dall’attività della galassia ospite. La domanda a questo punto è: come si forma questo vento? E in che modo è coinvolto nella formazione di Orc 4?

La galassia ospite di Orc 4 è una galassia starburst. Come suggerisce il nome, si tratta di galassie caratterizzate da un alto tasso di formazione stellare. Le stelle che si formano al loro interno sono per lo più stelle massicce, che dopo una vita relativamente breve esplodono come supernove, espellendo i loro strati esterni nello spazio interstellare sotto forma di venti. Se un numero sufficiente di queste stelle esplode contemporaneamente, la forza delle esplosioni può produrre un potente vento galattico che, colpendo il gas fuori dalla galassia, crea un’enorme onda d’urto. Nell’ipotesi formulata dai ricercatori, sarebbe quest’onda d’urto a produrre Orc 4.

«Lo scenario che meglio si adatta ai dati è che 1 miliardo di anni prima la galassia al centro di Orc 4 ha subito un breve ma intenso periodo di formazione stellare», spiega a Media Inaf  Serena Perrotta, ricercatrice presso l’Università della California San Diego e co-autrice dello studio. «Tali esplosioni stellari tendono a produrre grandi stelle che bruciano intensamente e che esauriscono rapidamente il loro combustibile, per cui dopo qualche milione di anni le stelle esplodono come supernove. Questa raffica di esplosioni in rapida successione produce un potente vento galattico che spinge il gas fuori dalla galassia. Quando questo vento colpisce il gas all’esterno della galassia, crea un’onda d’urto. Nel caso di Orc 4, le antenne dei radiotelescopi stanno osservando quell’onda d’urto dopo che è cresciuta fino a raggiungere dimensioni enormi e ha rallentato, 1 miliardo di anni dopo. All’interno dell’onda d’urto, gli elettroni in rapido movimento si muovono a spirale attorno alle linee del campo magnetico e generano una radiazione nota come luce di sincrotrone. Nell’onda d’urto di Orc 4 queste oscillazioni producono le onde radio osservate. Il modello prevede anche che, in un’esplosione stellare così breve e forte, la coda del vento galattico possa bloccarsi e iniziare a ricadere verso la galassia, producendo una seconda onda d’urto che, riversandosi nella galassia, potrebbe ionizzare altri atomi di ossigeno e spiegare l’insolita produzione di luce OII. Sebbene la portata dell’emissione OII sia un decimo di quella del cerchio radio, è quasi certo che esista una connessione tra le due».

Per testare questa ipotesi i ricercatori hanno condotto una serie di simulazioni in cui forti venti sono stati lanciati da una galassia isolata. In tutti i casi il risultato delle simulazioni è stato la formazione di enormi cerchi radio, rafforzando l’ipotesi formulata dai ricercatori secondo cui a produrre Orc 4 sia un’onda di shock causata dal vento galattico in uscita dalla galassia ospite.

«Abbiamo eseguito una serie di simulazioni numeriche al computer per replicare le dimensioni e le proprietà dell’anello radio su larga scala, compresa la grande quantità di gas freddo nella galassia centrale», aggiunge Perrotta. «Le simulazioni hanno mostrato venti galattici in uscita che soffiano per 200 milioni di anni prima di spegnersi. Quando il vento si è fermato, un’onda di shock in avanti ha continuato a spingere il gas ad alta temperatura fuori dalla galassia e ha creato un anello radio, mentre un’onda di shock inversa ha fatto ricadere il gas più freddo sulla galassia. La simulazione si è svolta nell’arco di 750 milioni di anni, un periodo che rientra nel range di età delle stelle di Orc 4, stimata in un miliardo di anni».

«Gli Orc ci forniscono un modo per “vedere” i venti galattici attraverso i dati radio e la spettroscopia», dice Coil. «Il loro studio può aiutarci a capire quanto siano comuni questi venti estremi in uscita e quale sia il loro ciclo di vita». Inoltre, conclude la ricercatrice, «i venti possono aiutarci a saperne di più sull’evoluzione delle galassie. Penso che ci sia molto da imparare sugli e dagli Orc».

 

Fonte: Media INAF

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