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Niente fulmini su Venere

In uno studio pubblicato a fine settembre su Geophysical Research Letters, i fisici della Cu Boulder si sono addentrati nel dibattito di lunga data sulla presenza o meno di fulmini sul pianeta gemello della Terra, concludendo che probabilmente no, se fossimo su Venere non vedremmo fulmini solcare le sue spesse nubi o, per lo meno, non molto spesso.

Venere ha all’incirca le stesse dimensioni della Terra, ma la sua atmosfera densa e ricca di anidride carbonica ha portato a un effetto serra mostruoso. Di fatto, è uno dei corpi più misteriosi e inospitali del Sistema solare. Chiunque vi facesse visita dovrebbe affrontare temperature roventi di oltre 480 gradi centigradi e pressioni atmosferiche devastanti, 90 volte superiori alla pressione terrestre, al suolo. Nessun veicolo spaziale è mai sopravvissuto per più di qualche ora sulla superficie del pianeta.

Per esplorare questo mondo estremo, i ricercatori si sono rivolti a uno strumento scientifico che non è stato progettato per studiare il pianeta, ma che si sta rivelando molto utile nel farlo: Parker Solar Probe della Nasa, lanciato nel 2018 per una missione di sette anni per indagare la fisica della corona e del vento solare.

Proprio recentemente, il 21 agosto 2023, la sonda spaziale ha compiuto il sesto flyby di Venere. Nel corso di questa manovra, è arrivata a circa 4mila chilometri sopra la superficie del pianeta. Nel febbraio 2021, invece, era arrivata a una distanza di circa 2400 chilometri dalla superficie. I suoi strumenti hanno rilevato dozzine di quelle che gli scienziati chiamano whistler waves: impulsi di energia che, almeno sulla Terra, possono essere innescati da fulmini e che vengono rilevati nella banda radio Vlf. Il loro nome deriva dal fatto che il tono scende rapidamente in pochi secondi, quasi come una persona che fischia.

I dati del team hanno mostrato che queste onde su Venere potrebbero in realtà non avere origine dai fulmini, ma piuttosto da disturbi nei deboli campi magnetici che avvolgono il pianeta. I loro risultati concordano con uno studio del 2021, che non è riuscito a rilevare le onde radio generate dai fulmini provenienti da Venere.

Come si diceva all’inizio, quello dei fulmini su Venere è un dibattito di lunga data che risale al 1978, quando Pioneer Venus della Nasa entrò in orbita attorno al pianeta. Quasi immediatamente, la navicella spaziale iniziò a captare i segnali delle whistler waves a centinaia di chilometri sopra la sua superficie. Fu allora che a molti scienziati questi segnali ricordarono un fenomeno familiare proveniente dalla Terra: i fulmini. Se le whistler waves di Venere avessero un’origine simile, allora il pianeta potrebbe essere pieno di fulmini, in una misura circa sette volte superiore a quella cui siamo abituati sulla Terra. Gli scienziati hanno avvistato fulmini anche su Saturno e Giove.

Per trovare quei segnali, gli autori hanno utilizzato l’esperimento Fields di Parker Solar Probe, una serie di sensori di campo elettrico e magnetico che sporgono dal veicolo spaziale. Quando i ricercatori hanno analizzato una serie di queste whistler waves, tuttavia, hanno notato qualcosa di sorprendente: erano dirette nella direzione sbagliata. Sembrava che si stessero muovendo verso il pianeta, non nello spazio, come ci si aspetterebbe da un temporale. Il motivo non è affatto chiaro, anche se sospettano che abbia a che fare con il fenomeno della riconnessione magnetica, in cui le linee tortuose del campo magnetico che circondano Venere si separano e poi si ricompongono con risultati esplosivi.

Per ora, i ricercatori affermano che è necessario analizzare più whistler waves per escludere completamente i fulmini come causa. Avranno una nuova e ancora più promettente possibilità nel novembre 2024, quando Parker Solar Probe farà il suo ultimo passaggio vicino a Venere, scendendo a meno di 400 chilometri sopra la superficie, sfiorando la parte superiore della densa atmosfera del pianeta.

 

Fonte: Media INAF

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