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I magnifici sette di Kepler-385

Il telescopio spaziale Kepler è stato il primo cacciatore di esopianeti della Nasa. Durante i suoi nove anni di missione nello spazio profondo – tre di missione primaria, dal 2009 al 2012, e sei di missione estesa, la cosiddetta K2, dal 2012 al 2018 – il telescopio ha raccolto oltre 600 gigabyte di dati che hanno permesso agli astronomi di dimostrare che sopra le nostre teste ci sono più pianeti che stelle.

I frutti di questi anni di osservazione sono ben 25 data release: 25 documenti riportanti i dati fotometrici di oltre 530mila stelle (chiamate dagli astronomi Kepler Objects of Interest) monitorate alla ricerca di piccoli cambiamenti di luminosità dovuti al transito di pianeti. Il bottino finale della caccia è di oltre 2600 esopianeti scoperti, molti dei quali potrebbero essere luoghi promettenti per la vita.

Ma l’eredità della missione Kepler non è ancora finita. Utilizzando i dati d’archivio raccolti dal telescopio spaziale, un team di astronomi della Nasa ha infatti scoperto nuovi pianeti all’interno di un sistema planetario che di mondi ne contiene già tre. Il sistema planetario in questione è Kepler-385, e stando a quanto descritto nel nuovo catalogo di pianeti prodotto, grazie ai dati del telescopio spaziale, da un team guidato da Jack J. Lissauer, ricercatore all’Ames Research Center della Nasa, i pianeti di questo sistema sarebbero addirittura sette.

Al centro del sistema planetario c’è Kepler 385, una nana gialla simile al nostro Sole, situata a circa 4600 anni luce dalla Terra nella costellazione del CignoKepler-385 bKepler-385 c e Kepler-385 d sono i tre pianeti precedentemente individuati e confermati in orbita attorno alla stella. I primi due sono entrambi più grandi della Terra, probabilmente rocciosi e con sottili atmosfere. Kepler-385 b è una super-terra, un mondo roccioso con una massa circa 12 volte quella del nostro pianeta che impiega 10 giorni per completare un’orbita attorno alla stella, dalla quale dista circa 14 milioni di chilometri. Kepler-385 c è invece un pianeta simile a Nettuno, 13 volte più massiccio della Terra e con un periodo di rivoluzione di 15,2 giorni. Insieme a Kepler-385 b, il suo carattere di pianeta è stato confermato nel 2014 da Jason F. Rowe e colleghi. L’ultimo dei pianeti del sistema già noti è stato confermato nel 202o da uno studio condotto da David J.Armstrong e colleghi. Il pianeta è simile a Kepler-385 b, ma è sei volte meno massiccio e impiega 56,4 giorni per completare un’orbita attorno alla sua stella, dalla quale dista circa 19 milioni di chilometri. Il suo nome è Kepler-385 d.

Andiamo adesso ai nuovi pianeti scoperti. O meglio, ai nuovi candidati pianeti. Sono quattro, sono tutti più grandi della Terra ma più piccoli di Nettuno e si prevede che siano avvolti da spesse atmosfere. Hanno periodi di rivoluzione rispettivamente di 3.4, 6, 28 e 86 giorni, e tre di essi sono probabilmente in risonanza orbitale.

La capacità di descrivere le proprietà del sistema Kepler-385 in modo così dettagliato testimonia la qualità di questo catalogo di esopianeti, sottolineano i ricercatori. Il nuovo catalogo si basa infatti su misurazioni migliorate delle proprietà stellari e calcoli più accurati del percorso di ciascun pianeta in transito sulla sua stella ospite. Ciò ha permesso di ottenere informazioni dettagliate su ciascuno dei sistemi planetari individuati dalla missione, rendendo possibili scoperte come queste.

«Abbiamo messo insieme il più accurato elenco di candidati pianeti rilevati dalla missione Kepler e delle loro proprietà», osserva Lissauer, primo autore dell’articolo, accettato per la pubblicazione su The Planetary Science Journal, che presenta il nuovo catalogo. «La missione Kepler della Nasa ha scoperto la maggior parte degli esopianeti oggi conosciuti, questo nuovo catalogo consentirà agli astronomi di saperne di più sulle loro caratteristiche».

La missione Kepler ci ha già mostrato che ci sono più pianeti che stelle, concludono i ricercatori. Questo nuovo studio dipinge un quadro più dettagliato di questi pianeti e dei sistemi planetari di cui fanno parte, fornendoci una visione migliore dei molteplici mondi oltre il nostro Sistema solare.

 

Fonte: Media INAF

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