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Con l’instabilità di Crow un’esplosione di stile

La supernova 1987A è una delle esplosioni stellari più famose, trovandosi relativamente vicino alla Terra: dista infatti “solo” 163mila anni luce. Inoltre, la sua luce ha raggiunto il nostro pianeta meno di quarant’anni fa, dunque in un momento storico in cui esistevano strumenti tecnologici abbastanza sofisticati per poterne osservare con continuità l’evoluzione. Ma Sn 1987A ha anche un’altra peculiarità: ci tiene particolarmente ad apparire più smagliante di tutti gli altri resti di supernova, indossando sempre la sua collana di perle preferita, come possiamo vedere nel ritratto qui a fianco.

Sebbene si conosca ancora poco sulla stella che è esplosa, si suppone che l’anello di gas, che circondava la stella prima dell’esplosione, provenisse dalla fusione di due stelle. Stelle che, decine di migliaia di anni prima dell’esplosione, hanno disperso idrogeno nello spazio circostante nel corso del processo di formazione di una gigante blu. Inoltre, si pensa che la nube di gas a forma di anello sia stata poi colpita da un flusso di particelle cariche proveniente dalla stella, noto come vento stellare.

Le “perle” erano dunque probabilmente già presenti quando la supernova è esplosa, ma la natura della loro formazione è sempre stata di difficile comprensione per gli astronomi. Ora Michael Wadas e i suoi colleghi dell’Università del Michigan hanno trovato una possibile soluzione. In uno studio pubblicato la settimana scorsa Physical Review Letters, gli scienziati suggeriscono che questa struttura a grumi possa essersi formata a causa dello stesso fenomeno fluidodinamico che può portare alla rottura della scia di condensazione dietro ad un aereo: l’instabilità di Crow.

Spesso i fisici ricorrono all’instabilità di Rayleigh-Taylor per spiegare perché si formano strutture fluide all’interno dei plasmi. Ma nel caso di Sn 1987A potrebbe non essere la soluzione più adatta: l’instabilità di Crow sembra infatti spiegare meglio la presenza di questa struttura a “collana di perle”.

Nelle scie di condensazione degli aerei, l’instabilità di Crow crea delle interruzioni nella linea uniforme delle scie a causa dei flussi d’aria spiraleggianti che provengono dalla punta di ogni ala, noti come vortici d’estremità d’ala. Questi vortici si mescolano tra di loro creando spazi vuoti, visibili grazie alla presenza di vapore acqueo nelle scie.

Il ricorso all’instabilità di Crow permette di fare qualcosa che l’instabilità di Rayleigh-Taylor non consentirebbe: prevedere il numero di “perle” che possono formarsi intorno ai resti della supernova. «L’instabilità di Rayleigh-Taylor potrebbe suggerire un eventuale presenza di grumi, ma sarebbe molto difficile ottenere da essa un numero preciso», dice infatti Wadas, primo autore dello studio e attualmente ricercatore post-dottorato presso il California Insitute of Technology.

I ricercatori hanno simulato come il vento, proveniente dalla stella progenitrice di Sn 1987A, spinge la nube di idrogeno verso l’esterno e ne deforma la superficie, con la parte superiore e inferiore della nube che viene spinta verso l’esterno più velocemente rispetto al centro. Ciò potrebbe causare una compressione della nube su sé stessa, che innescherebbe l’instabilità di Crow, portandola alla frammentazione in grumi abbastanza regolari formando questa struttura a “collana di perle”. La previsione è di 32 grumi, molto vicina dunque ai 30-40 effettivamente osservati intorno ai resti della supernova. «Questo è un aspetto fondamentale per cui pensiamo si tratti dell’instabilità di Crow», dice Eric Johnsen, professore di ingegneria meccanica all’Università del Michigan e co-autore dell’articolo.

Il team di scienziati ha anche suggerito che l’instabilità di Crow potrebbe avere un ruolo nella formazione dei pianeti, anche se saranno necessarie ulteriori ricerche per esplorare questa ipotesi.

 

Fonte: Media INAF

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