La leggenda del vello d'oro

In questo numero torniamo a parlare di una costellazione zodiacale e più precisamente la prima tra tutte: l’Ariete.

La costellazione dell’Ariete è circondata a est dal Toro, facilmente identificabile grazie alle sue innumerevoli caratteristiche, tra le quali le Pleiadi e Aldebaran, a ovest dai Pesci, di più difficile identificazione, e a nord da Andromeda, nota per la galassia che prende il suo nome. Questo gruppo di stelle non è particolarmente luminoso e la sua forma non è facilmente rappresentabile.

L’importanza di questa costellazione, comunque, non risiede nelle sue dimensioni o nella sua forma, bensì nel fatto che in essa cadeva anticamente il Punto equinoziale di Primavera, chiamato anche Punto d’Ariete o Punto gamma perché tale lettera greca (γ) rappresenta una testa stilizzata d’ariete. Questa caratteristica ha fatto sì che la costellazione fosse identificata come la prima tra quelle zodiacali. Attualmente, questo importante punto astronomico si è spostato per effetto della precessione degli equinozi ed ora si trova nella vicina costellazione dei Pesci.

Interessante è ricordare che Bartschius, genero di Keplero il noto astronomo famoso per le sue leggi sul moto planetario, disegnò nel suo globo celeste del 1623 una nuova costellazione, una “Mosca”, utilizzando parte delle stelle appartenenti all’Ariete. Tale asterismo si trova ancora in carte dell’epoca, ma venne poi definitivamente trascurato ed oggi è del tutto scomparso lasciando quindi in esistenza soltanto la Mosca posta in precedenza da Bayer nell’emisfero australe.

Altresì è curiosa la storia di una stella appartenente a tale costellazione, cioè 53 Ari o UW Ari. Tale stella, al di sotto della soglia di visibilità a occhio nudo, fu notata per la sua alta velocità spaziale che la fa rientrare nella ristretta categoria, formata da soli tre membri, delle runaway star, cioè “stelle fuggitive”. È una stella che cinque milioni di anni fa si è allontanata rapidamente dalla sua zona di origine, la Nebulosa di Orione. Sfortunatamente non si conoscono con precisione le cause che hanno portato questa stella così lontano dal luogo dove è nata.

Per quanto concerne la mitologia, l’ariete è l’animale dal vello d’oro che Nefele, la regina di Beozia abbandonata dal marito Atamante, mandò sulla terra per salvare i figli Frisso ed Elle, che stavano per essere sacrificati dal padre. Questi era stato raggirato da Ino, la sua nuova compagna, che mal vedeva i figli della prima moglie di Atamante, e pertanto aveva ordito una trama per eliminarli. L’intervento di Nefele salvò loro la vita: appena videro l’ariete, infatti, vi saltarono sopra e volarono verso la Colchide. Durante il viaggio, però, Elle cadde nel braccio di mare che separa l’Asia Minore dall’Europa e annegò; in suo onore i Greci battezzarono quel tratto di mare Ellesponto. Arrivato in Colchide, Frisso sacrificò l’ariete e ne donò il vello al re locale, Eeta, di cui sposò la figlia, Calciope. Una volta morto, Frisso tornò in patria sotto forma di spettro per tormentare il cugino Pelia, che aveva spodestato il re di Tessaglia. Il regno spettava in realtà a Giasone, e Pelia promise di restituirglielo se fosse riuscito a riportargli il vello d’oro. Giasone, allora, intraprese la spedizione assieme agli Argonauti e raggiunse la Colchide. Poiché il re Eeta si oppose alla restituzione del vello d’oro, decise di sottrarlo furtivamente, ma il prezioso manto era custodito da un serpente che non dormiva mai. Fu grazie all’aiuto della figlia di Eeta, Medea, innamorata di Giasone, che in seguito sposò, che Giasone riuscì a compiere la sua impresa.

Come ultima cosa, ma non in ordine di importanza, desideriamo ringraziare tutti i nostri lettori per l’interesse che sempre ci avete dimostrato in questo ultimo anno. Vi salutiamo augurandovi Buon Natale e Felice Anno Nuovo e… ovviamente cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 9 del 2004

Occhi da Lince

In questo numero ci occuperemo ancora una volta di due piccole costellazioni introdotte in periodi recenti. Queste sono Camelopardalis, ovvero la Giraffa, e Lynx, la Lince. Tali raggruppamenti di stelle si trovano in una zona di cielo priva di stelle brillanti, ma sono confinanti con le più belle costellazioni del cielo.

La Giraffa è una delle tante costellazioni inventate in anni relativamente recenti, quando nel Medioevo rifiorì la cultura astronomica ed iniziarono le grandi imprese navali. Molte furono create per riempire dei vuoti tra le costellazioni più antiche, ma parecchie non sopravvissero. La Giraffa si trova in una zona facilmente individuabile, in quanto si trova vicino alla costellazione di Cassiopea in direzione dei Gemelli. È una costellazione circumpolare e questo significa che alle nostre latitudini essa non tramonta mai, essendo visibile in ogni periodo dell’anno. La disposizione delle stelle nella Giraffa riproduce abbastanza bene le fattezze dell’animale.

Essendo posta in una vasta area di volta celeste che va da regioni lontane dalla Via Lattea fino a zone attraversate dal piano galattico, la Giraffa contiene sia oggetti tipici del cielo più “profondo”, come le galassie, sia oggetti relativamente più vicini, come gli ammassi aperti.

Dato che rappresenta una costellazione di recente introduzione, mancano leggende che possano essere associate alla Giraffa. Tuttavia, ci ricorda le nozze svoltesi tra Isacco e Rebecca: La sposa, infatti, raggiunse Canaan per la cerimonia a cavallo di una giraffa.

Si deve a Plancius, astronomo olandese, il merito di aver riempito questa plaga di cielo, che altrimenti sarebbe rimasta vuota per l’assenza di stelle sufficientemente luminose da giustificare l’introduzione di una costellazione. Fu poi Jacob Brysch (o Bartschius), genero di Keplero (lo scopritore delle leggi che regolano il moto dei corpi celesti),a rendenderla universalmente nota ponendola nel suo planisfero risalente al 1624. Successivamente anche Hevelius la riportò nel suo atlante del 1690.

Pur trovandosi in prossimità dell’Orsa Maggiore, la Lince è poco nota. Il motivo va ricercato nella scarsa luminosità degli astri che la costituiscono, a cui si deve il nome. Fu infatti Johannes Hevelius che la introdusse intorno al 1660 e la chiamò così, perché asseriva che ci volevano occhi di lince per scorgerla. Trovare la costellazione della Lince, al di là delle difficoltà costituite dalla debolezza delle stelle che la compongono, non è difficile: essa si colloca infatti tra le due costellazioni, ben più luminose, dell’Orsa Maggiore e dei Gemelli.

Entro i confini della costellazione della Lince è difficile scorgere oggetti particolarmente attraenti per l’osservazione telescopica, ma un ammasso globulare merita sicuramente un cenno per la sua considerevole distanza dal centro galattico. Fu scoperto da W. Herschel nel 1788 e viene chiamato il “vagabondo intergalattico” ed alcuni lo classificano anzi come un oggetto non appartenente alla nostra Galassia. Oltre a questo oggetto, nella costellazione è possibile scorgere con un telescopio una galassia a spirale visibile quasi di taglio.

Anche se il cielo ci sembra oscuro, privo di stelle, in realtà, spostandoci fuori dalle città, senza gli impedimenti della luce artificiale, immergendoci in una sorta di pace intergalattica, possiamo scorgere in zone di cielo, fino ad allora buie, vita. Vita di stelle e di mondi lontani che, forse, solo con la nostra mente possiamo raggiungere.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 8 del 2004

La Volpe e la Lucertola

In questo numero ci occuperemo nuovamente di due piccole costellazioni che si trovano vicine alle due presentate lo scorso mese, le costellazioni della Lucertola e della Volpetta.

Questi due asterismi sono di origine recente, ideati appositamente per coprire una zona di cielo “vuota”e vengono classificati come costellazioni moderne.

La Lucertola è una piccola costellazione inventata unendo alcune stelline poste tra il Cigno e Cassiopea. Fu ideata nel 1687 dall’astronomo Johannes Hevelius, il quale si ispirò a un tritone pescato in mare. Questo animale aveva il corpo ricoperto da macchie biancastre che ricordavano delle stelle.

Come abbiamo prima affermato, la Lucertola è una costellazione moderna e perciò non presenta una mitologia incentrata sulle vicende dell’antica Grecia, ma anche a questa costellazione sono collegati fatti curiosi dato che furono molti i personaggi, vissuti in tempi poco successivi all’epoca di Hevelius, che riversarono su questo asterismo il loro interesse. Tra questi ricordiamo Augustin Royer, architetto del re di Francia Luigi XIV, che nel 1697 volle porre una costellazione in questa zona di cielo per legare perennemente il ricordo del Re Sole all’immutabilità della volta stellata, chiamando questo raggruppamento di stelle “Scettro e Mano della Giustizia”. Tuttavia della sua idea rimane traccia solo nei documenti dell’epoca. Anche nel 1787 il grande astronomo tedesco Bode inventò un nome per essa, “Gloria di Federico”, come omaggio a Federico II di Prussia. La costellazione di Bode seguì lo stesso destino di quella di Royer.

Anche la Volpetta è una costellazione relativamente piccola. Fu creata anch’essa da Hevelius nel 1660 proprio sotto il Cigno, sulla Via Lattea e subito a nord della Freccia. È difficile da riconoscere, perché formata da stelle poco luminose. Fu inventata, come la precedente, per riempire una zona di cielo. Il suo nome scaturisce dalla forma che questa costellazione crea in cielo, infatti, sembra una velocissima volpe. Secondo una leggenda, tale animale fu inseguito da Lelapo, il celebre cane ricordato nella costellazione del Cane Maggiore. Questa costellazione moderna è anche conosciuta come la “Volpetta con l’oca”, poiché negli atlanti veniva spesso raffigurata con tale volatile serrato fra le proprie fauci.

Questo piccolo asterismo racchiude inoltre al suo interno un bellissimo oggetto del profondo cielo: M27, una nebulosa planetaria conosciuta oggi con i nomi di Dumbbell, che significa “Campana sorda”, o “Batacchio di campana”, o ancora “Manubrio”, inteso come mezzo ginnico. Fu Charles Messier a scoprirla nel 1764 e fu la prima nebulosa planetaria notata. Tuttavia per apprezzare la sua bellezza è necessario utilizzare un piccolo strumento.

Il cielo e l’uomo, un’unione non solo antica ma anche moderna. Potremmo aggiungere contemporanea. Troppo spesso presi dalla frenesia della vita quotidiana ci dimentichiamo che lassù, sopra le nostre teste, c’è un mondo, un universo meraviglioso che aspetta solo di essere contemplato.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 7 del 2004

Alle origini della medicina

In questo numero parleremo di due costellazioni intimamente legate tra di loro non solo per la loro vicinanza in cielo, ma soprattutto per la storia che li accomuna: Ophiucus e Serpens.

Ofiuco, detto anche il Serpentario, è una costellazione alquanto estesa a cavallo dell’equatore celeste, ma più spostata verso il meridione: Ercole si trova poco più  a nord e lo Scorpione poco più  a sud. Le parti nord-orientale e sud-orientale di tale costellazione giacciono sulla Via Lattea, è attraversata dall’eclittica e il Sole vi passa dalla fine di novembre alla metà di dicembre. Le stelle di Ofiuco disegnano in cielo un grande anello irregolare.

Quasi a cingere la confinante costellazione di Ofiuco, la costellazione del Serpente appare composta da due parti separate, il Capo (Serpens Caput), posta più a occidente, e la Coda (Serpens Cauda), che segue nel movimento diurno la parte anteriore. Una volta individuato Ofiuco, il Serpente è presto trovato: la Testa è posta a destra, se si osserva il cielo tenendo il nord alle spalle, mentre la Coda è a sinistra. Il Capo del rettile celeste è identificabile in un gruppetto di quattro stelle disposte quasi a rettangolo poste tra Ercole e Boote, proprio sotto alla Corona Boreale.

Per i Greci il personaggio che fornisce lo sfondo mitologico di Ofiuco è il dio-guaritore Asclepio (o Esculapio), considerato progenitore di Ippocrate, il più celebre medico dell’antichità. Racconta il mito che la nascita di Asclepio fu abbastanza travagliata. Egli era figlio di Apollo e Coronide. Quest’ultima era segretamente innamorata di un mortale chiamato Ischys e fu sorpresa a giacere con lui, nonostante portasse in grembo il figlio del dio. Apollo, in un impeto di rabbiosa gelosia, trafisse l’amata con una freccia, uccidendola. Quando il corpo della donna si trovava già sulla pira funeraria, Apollo si pentì di aver provocato la sua morte, ma ormai era troppo tardi.

Il dio, allora, salvò il figlio che Coronide portava in grembo, affidandolo alle cure del centauro Chirone. Grazie agli insegnamenti di Chirone, Asclepio divenne un grande cacciatore e, soprattutto, un grande medico, celebre in tutta la Grecia. Le cose si complicarono quando, secondo una delle tante storie che riguardano questo personaggio, Asclepio fu testimone di uno spiacevolissimo episodio sull’isola di Creta. Qui Glauco, figlio del re Minosse, perse la vita in un terribile incidente: mentre stava giocando, infatti, cadde in un grande recipiente di miele e vi annegò. Asclepio stava esaminando il corpo del fanciullo, senza alcuna speranza di riportarlo in vita, quando un serpente si avvicinò, attratto dal profumo del miele. Asclepio lo uccise con un colpo di bastone. Successivamente arrivò un secondo serpente, che depose nella bocca del compagno abbattuto un’erba misteriosa: ben presto il rimedio produsse l’effetto di rianimarlo, consentendogli di fuggire. Allora Asclepio, che era riuscito a riconoscere l’erba utilizzata, ne mise alcuni fili nella bocca del giovane e anch’esso riprese vita immediatamente. Scoperto il segreto dell’immortalità, Asclepio decise di immortalare i due serpenti nel celebre caduceo, che divenne da allora simbolo della medicina. Il fatto che Asclepio resuscitasse i morti segnò però la sua condanna, in quanto Ade, re degli Inferi, si rese conto che, se le tecniche del famoso medico fossero divenute di pubblico dominio, nessuno sarebbe più disceso a popolare il suo regno. Così chiese aiuto al fratello Zeus, che uccise Asclepio con una delle sue folgori. Apollo allora, come rappresaglia per la morte del figlio, assassinò tre dei Ciclopi che forgiavano le folgori per il padre. La pace tra i due venne ristabilita con l’assunzione di Asclepio fra le stelle.

Come abbiamo visto anche le origini della medicina si perdono nel mito e hanno trovato posto in cielo, tra le stelle.

Buona estate e cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 5 del 2004

La freccia di Cupido

In questo numero ci occuperemo di due piccole costellazioni visibili nel cielo estivo: Delphinus e Sagitta. Queste due costellazioni si trovano nella zona di cielo racchiusa tra le più note e già descritte costellazioni del Cigno, dell'Aquila e di Pegaso.

La costellazione del Delfino è certamente la più facile da riconoscere grazie alla sua forma, infatti ci appare come un rombo di stelle non troppo luminose, con una coda che diparte da destra. Per gli Arabi queste stelle rappresentavano un cammello. Questa costellazione è povera di oggetti del profondo cielo, ma benché sia estremamente piccola presenta delle caratteristiche storiche e mitologiche interessantissime. Un fatto poco noto riguardante la costellazione: le sue due stelle principali della costellazione vennero riportate da padre Giuseppe Piazzi, scopritore del primo asteroide (Cerere), all'inizio del secolo scorso con i nomi di Svalocin e Rotanev. I due nomi, letti a rovescio, danno Nicolaus Venator, la latinizzazione di Niccolò Cacciatore, allora assistente del Piazzi all'Osservatorio di Palermo e suo successore nella direzione.

La costellazione del Delfino è associata a due distinte leggende. La prima di queste narra che Poseidone, il dio del mare, soffrisse per la solitudine che il suo palazzo vuoto gli ispirava. Decise allora di cercarsi una moglie e scelse una delle Nereidi, le ninfe del mare, dal nome Anfitrite. Questa però dimostrò di non apprezzare il corteggiamento del dio. Egli allora ricorse a un delfino, che gli fece da messaggero riuscendo a convincere la prescelta. Come ricompensa per il successo della missione, sfociata nelle nozze tra Poseidone e Anfitrite, il dio pose in cielo il delfino sotto forma di costellazione. Il secondo mito narra una storia a tinte fosche. Si racconta infatti che il poeta Arione, da ritorno da un viaggio in Sicilia, venisse minacciato di morte dai marinai della nave che lo riportava in patria. Egli riuscì a convincerli a cantare un'ultima canzone con la sua lira prima di essere ucciso. Col suo canto melodioso Arione richiamò un branco di delfini vicino alla nave e saltò sul dorso di uno di questi, salvandosi. Apollo, che era un abile poeta e suonatore, pose in cielo il delfino e la lira trasformandoli nelle rispettive costellazioni.

La Freccia pur non essendo tra le costellazioni più appariscenti, appartiene a quella ristrettissima categoria di asterismi che tiene fede al proprio nome: le sue stelle, infatti, disegnano sulla volta celeste un piccolo dardo scoccato attraverso la Via Lattea. Gli Armeni e i Persiani la conoscevano come il “fiume Tigri”. In questa costellazione molto piccola si trova tuttavia un oggetto del catalogo Messier, M71, un ammasso globulare e ci appare come una macchia luminosa sfocata percepibile già con un comune binocolo.

Anche questa piccola costellazione di origine remota presenta vari miti ad essa legata. Secondo alcuni mitografi la Freccia era il dardo mortale lanciato da Apollo contro i tre Ciclopi, i figli di Urano e Gea, che avevano procurato a Zeus l’arma del fulmine, con cui il re degli dei aveva folgorato Asclepio, figlio appunto di Apollo. Un secondo racconto mitologico la ricollega alla storia di Prometeo, condannato al terribile supplizio di essere divorato ogni giorno nel fegato per opera di un’aquila che eseguiva la volontà divina. Alla condanna venne posta fine da Eracle (Ercole), che lanciò contro il rapace uno dei suoi dardi terribili, mettendolo in fuga. Più spesso tuttavia si fa riferimento alla “freccia di Cupido”, il dio dell’amore che fece innamorare Zeus del giovane Ganimede. Il dardo fatale era presidiato in cielo, a ricordo di quella travolgente, dalla vicina Aquila, l’uccello simbolo del padre degli dei. Fra gli altri innamoramenti celebri provocati dall’incorreggibile Cupido vanno ricordati quello fra Giasone e Medea e quello ancora più celebre fra Elena e Paride che diede il via alla più grande guerra dell’antichità, combattuta a Troia.

La storia del cielo è una storia antica. Anche le più piccole e apparentemente insignificanti costellazioni racchiudono in sé storie affascinanti.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 6 del 2004

Informazioni

Astronomia Valli del Noce è un portale che vuole essere un punto di incontro e di informazione per l'attività astronomica che si svolge in Val di Non e Val di Sole (Trentino), ma non solo. Vuole anche essere un punto di partenza per tutti quegli astrofili alla ricerca di informazioni sul mondo dell'astronomia e per tutti quei neofiti che si avvicinano per la prima volta all'astronomia.

Privacy Policy

I cookies servono a migliorare i servizi che offriamo e a ottimizzare l'esperienza dell'utente. Proseguendo la navigazione, senza modificare le impostazioni del browser, accetti di ricevere tutti i cookies del portale web www.astronomiavallidelnoce.it. Se non desideri ricevere i cookies, modifica le impostazioni del tuo browser.

Privacy Policy

AVdN Foto del Giorno

Astronomy Picture of the Day