Il cuore della Galassia

Il Sagittario è una costellazione zodiacale molto ampia, ma molto mal osservabile alle nostre latitudini. Si trova subito a sud dell’Aquila e, per lo Zodiaco, sta ad est dello Scorpione e di Ofiuco e ad ovest del Capricorno.

La disposizione a zig-zag di cinque stelle, in direzione nord-sud che si può vedere nella sua parte orientale, ricorda un arco e forse proprio ciò suggerì agli antichi il nome della costellazione. Essa inoltre è posta in quella zona del cielo in cui si trova il centro della nostra galassia, la Via Lattea, e la freccia dell'arciere sembra indicare agli amanti della volta celeste la direzione verso questo luogo del cosmo, per noi fondamentale.

La costellazione del Sagittario viene spesso identificata con la figura di un centauro che tende il proprio arco verso i gruppi di stelle circostanti. Questa raffigurazione ha fatto confondere il Sagittario con Chirone la cui costellazione, quella appunto del Centauro, si trova più a sud. In altri contesti questo gruppo di stelle è invece fatto risalire a Croto, figlio del dio Pan e di Eufeme, la nutrice delle Muse. Croto era un satiro (creatura umana con orecchie, coda e zoccoli di capra), nonché un celebre cacciatore che compiva le sue battute venatorie a cavallo. Da qui quindi la facile confusione con un centauro, mitica creatura nata nell'immaginario forse in relazione a figure di uomini così abili nell'arte di cavalcare da sembrare quasi in simbiosi con l'animale impiegato. Croto fu anche l'inventore dell'arte del tiro con l'arco e viene quindi raffigurato in cielo mentre tende le corde della sua invenzione pronto a scoccare i dardi puntati sulla preda. Di Croto si racconta ancora che risiedeva sul monte Elicona con la madre e le Muse, assieme alle quali viveva in festosa e conviviale allegria. Le Muse, evidentemente, apprezzavano molto la sua compagnia e cantavano per lui. Siccome era un grande estimatore della musica, Croto le applaudiva con trasporto e ne tesseva le lodi. Così, quando morì, esse chiesero al padre Zeus di porlo in cielo, in segno di riconoscenza per i tanti momenti felici trascorsi insieme. E, fra le stelle, viene celebrata anche la sua grande capacità di tiratore scelto, con l'arco pronto a scoccare uno dei suoi dardi infallibili. Secondo alcuni mitografi il Sagittario rappresentava invece la creatura pronta a lanciare con l'arco dei semi di grano che, come frecce, si conficcavano nel terreno per poi germinare in spighe.

Più che di oggetti stellari, sono quelli diffusi a rendere questa costellazione una delle più scandagliate dagli astronomi. Gli oggetti di Messier in essa contenuti sono ben 15: le nebulose gassose M8, M17, e M20, gli ammassi aperti M18, M21, M23, M24 e M25, e gli ammassi globulari M22, M28, M54, M55, M69, M70 e M75. Va aggiunto poi che tra i tanti stupendi oggetti astronomici che si trovano nei confini dell'asterismo due sembrano possedere interessanti implicazioni mitologiche.

Il primo è la nebulosa Laguna, che può ricordare i bacini lacustri sulle rive dei quali l'arciere andava ad attendere le sue vittime. Il secondo è la nebulosa Trifida, una splendida nube a forma di tre petali in cui la fantasia può ricordare una corona posta vicino alle zampe dell'arciere, con la quale questi sembra giocare.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 4 del 2006

Il giustiziere di superbia e vanità

La costellazione dello Scorpione è tra le più belle fra quelle che ci offrono il cielo primaverile ed estivo. Un sistema per trovare lo Scorpione consiste nel prolungare la coda dell'Orsa Maggiore verso sud, piegando leggermente verso ovest fino a incontrare due archi formati ciascuno da tre stelle brillanti. Uno di questi due è disposto in direzione nord-sud, l'altro invece ha al centro una luminosa stella rossa.

I confini moderni della costellazione dello Scorpione sono più ristretti rispetto a quelli dell'antichità: e infatti, mentre una volta il Sole la percorreva in circa un mese, secondo l'attuale ripartizione l'attraversa in soli sette giorni. Parlando della costellazione della Bilancia  si era detto che le "chele" dello Scorpione le erano state tolte dapprima per ottenere le dodici costellazioni zodiacali occorrenti, poi, secondo quanto riportato dal sacerdote egizio Manetone (terzo secolo a.C.), i sacerdoti avevano tramutato le Chele nei due piatti della Bilancia.

La costellazione era, tra l'altro, abbinata ad Ares, il dio della guerra venerato dai Romani come Marte, e la sua stella più luminosa era conosciuta con il nome di Antares (anti-Ares) poiché il suo colore rosso intenso rivaleggiava con quello del pianeta della bellicosa divinità. I Romani la chiamavano Cor Scorpii, il "cuore dello Scorpione", nome usato pure dagli Arabi (Kalb-al-Akrab).

Lo Scorpione è attraversato in gran parte dalla Via Lattea ed è posto in prossimità del centro galattico, situato nel vicino Sagittario, per cui abbonda di oggetti interessanti. Possiamo cominciare l'osservazione di alcuni di essi partendo da M4, un ammasso globulare in prossimità di Antares. È uno dei più vicini a noi e anche tra i più estesi, anche se non tra i più spettacolari. M6 ed M7 sono due ammassi aperti posti in prossimità della coda velenosa dello Scorpione, il primo richiede l'uso almeno di un binocolo mentre il secondo è visibile ad occhio nudo. M80 è un ammasso globulare piccolo, ma luminoso scoperto da Messier nel 1781. M62 è un ammasso globulare ai confini con Ofiuco e talvolta attribuito a codesta costellazione.

La costellazione dello Scorpione è indissolubilmente legata a quella di Orione, il mitico cacciatore della Beozia dalla statura gigantesca che si accompagnava ad Artemide, dea della caccia, nelle battute venatorie sull'isola di Creta. La sua fama e abilità ne accrebbero tuttavia anche la superbia, al punto di fargli affermare che non c'era animale in grado di sfuggire ai suoi inseguimenti e alla sua mira. Per punire tanta vanità Era, la regina degli dèi, creò appunto uno scorpione, che affondò nel suo piede un pungiglione mortale. Nella scelta di affidare l'esecuzione della punizione a un animale tanto piccolo c'era anche il compiacimento di una beffa nei confronti di Orione, da tutti conosciuto come un cacciatore di fiere e animali di grande stazza, tanto quanto le sue dimensioni fisiche erano fuori dal comune. Dopo la morte Orione venne posto in cielo, per ricordare agli uomini quanto sia pericoloso presumere troppo di se stessi ed eccedere in superbia e vanità. Parimenti Era volle che il firmamento si adornasse dell'immagine dell'animaletto che aveva eseguito la sua volontà. Taluni affermano che la scelta di porre Orione e l'animale che ne causò la morte così distanti fu compiuta per non accanirsi troppo contro il povero cacciatore. Il fatale aracnoide venne infatti posto nel firmamento in una zona molto lontana dalla sua vittima e, mentre l'uno è visibile nei mesi estivi, l'altro lo è soltanto in quelli invernali.

Secondo una variante del mito le infallibili spedizioni venatorie di Orione spaventarono terribilmente la dea Terra Gea, che temeva di non poter più veder correre lungo il suo corpo le amate creature animali. Così, allarmata dall'abilità del gigante beota, avrebbe inviato uno scorpione a ucciderlo, facendolo uscire da una spaccatura del suo grembo.Un'altra versione ancora dice che lo scorpione punse Orione mentre questi cercava di salvare la dea Leto dalla mortale puntura dell'animale.Un'ultima storia, infine, narra che fu la vergine Artemide, la sua compagna di caccia, a farlo uccidere dallo scorpione, in quanto egli, in un delirio di onnipotenza, aveva cercato di trovare in lei una preda molto particolare, puntando a farle perdere la sua proverbiale verginità.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 3 del 2006

Il cucciolo di Leone

Inizia il nuovo anno ancora in compagnia di questa rubrica. In questo numero vorrei proporvi, oltre alla solita descrizione di una costellazione del nostro magnifico cielo, un percorso di osservazione dei pianeti. Il periodo invernale, infatti, è altamente propizio per la loro osservazione anche se presenta come inconveniente principale il freddo.

Iniziamo con Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. Esso sarà visibile all’alba o al tramonto in vicinanza del nostro astro. A causa di questa sua caratteristica, la visione risulterà alquanto difficoltosa. In prossimità di questo pianeta si troverà Venere, facilmente identificabile in quanto, dopo il Sole e la Luna, risulta essere l’astro più splendente del cielo. Marte sarà invece facilmente identificabile per tutta la notte grazie alla sua particolare colorazione rossiccia. Il pianeta degli anelli, invece, farà la sua apparizione verso le nove di sera in direzione est. Infine, se vogliamo osservare Giove dobbiamo pazientare ed aspettare che sorga a est verso le quattro del mattino, oppure, più comodamente, osservarlo maestoso nell’alto della volta stellata prima del sorgere del Sole.

La costellazione del Leone Minore è l’ultimo asterismo, non ancora descritto in un articolo di questa rubrica, sopra la linea dell’eclittica (la linea immaginaria che taglia in due la volta celeste e sulla quale si muovono i pianeti). La costellazione del Leone Minore non è sicuramente di facile identificazione, pur trovandosi in una zona di cielo popolata da costellazioni appariscenti. In teoria non è troppo complicato trovarla, dal momento che si trova a metà strada tra la costellazione zodiacale del Leone e le zampe posteriori dell’Orsa Maggiore. I suoi deboli astri, però, costituiscono una sfida per i nostri occhi.

Curiosamente in tale costellazione non esiste una stella Alfa, lettera greca che di norma identifica la stella più luminosa dell’asterismo, ed oltre a ciò non esiste nemmeno una spiegazione precisa per tale fatto.

Pur essendo privo di stelle vistose, il Leone Minore offre la possibilità di osservare alcuni oggetti del profondo cielo, cioè quegli oggetti che richiedono almeno un buon binocolo per poter essere scorti. Tra questi vi sono le galassie facenti parte del catalogo NGC e conosciute come NGC3344, NGC3430, NGC3486, NGC3395, e NGC3396. queste due ultime sono due galassie vicine ed inoltre sono distorte da reciproche influenze gravitazionali. Il motivo perché si riesca ad osservare un così elevato numero di galassie deriva dal fatto che ci troviamo in una zona di cielo lontana dalla Via Lattea.

La costellazione del Leone Minore è stata introdotta solo in tempi recenti (intorno al 1660) dall’astronomo Johannes Hevelius per riempire il buco tra l’Orsa Maggiore, a nord, ed il Leone, a sud. Data la sua recente collocazione in cielo, tale costellazione non è associata con nessuna leggenda classica. Evidentemente l’astronomo del XVII secolo pensò di accompagnare il Leone con un cucciolo, rappresentato da questo piccolo asterismo.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 2 del 2006

La stella dei Magi

Si sottolinei subito il fatto che la ricorrenza del Natale al 25 dicembre non è giustificata da alcun riscontro storico, ma è semplicemente una data che si affermò intorno al quarto secolo. In maniera analoga l’anno zero della nostra era fu stabilito dal monaco sciita Dionigi il Piccolo (VI secolo) dopo laboriosi calcoli il quale doveva coincidere con il 754° anno dalla fondazione di Roma. Oggi sappiamo che Dionigi sbagliò almeno di quattro anni perché il vero anno zero dovrebbe risalire al 750 ab Urbe condita o ancor prima. Nei Vangeli ci sono due riferimenti a fatti storici dai quali è possibile definire un limite superiore e uno inferiore alla data di nascita di Cristo. Il primo è il censimento di Cesare Augusto, che potrebbe aver avuto luogo tra l’8 e il 6 a.C., mentre il secondo è la morte di Erode, posteriore alla nascita di Cristo e che gli storici contemporanei riportano come avvenuta poco dopo l’eclisse di Luna, che probabilmente è quella del 13 marzo del 4 a.C., e poco prima della Pasqua ebraica. Alla luce di ciò, la nascita di Cristo si dovrebbe situare tra l’8 a.C. e la primavera del 4 a.C. Si ricordi che Erode “mandò ad uccidere tutti i maschi che erano in Betlemme dall’età di due anni in giù, secondo il tempo del quale s’era esattamente informato dai Magi” (Matteo 3,16).

Di quale tempo si tratta? È il tempo della prima apparizione della famosa stella che secondo Matteo guidò i Magi verso la Palestina. Se si riuscisse a capire qual è l’evento astronomico a cui i Vangeli si riferiscono e se si trovasse menzione di questo evento in qualche antico annale astronomico, il problema della datazione della Natività di Cristo sarebbe risolto. Matteo parla genericamente di una stella anche se in tutti i presepi vediamo raffigurata una cometa. La stella cometa è solo frutto di una interpretazione fantastica che si impose in epoca medievale. Le cronache astronomiche occidentali, quelle babilonesi, cinesi, coreane non evidenziano il passaggio di una cometa brillante nel periodo in esame, ma riportano il passaggio di una di esse nel 12 a.C. Ora sappiamo che quella fu la famosa cometa di Halley. Tale vento è però da escludere dato che è troppo precedente le date che interessano. In quei tempi non fu osservata né una nova né una supernova. C’è da dire che se l’evento astronomico in questione fosse stato alquanto vistoso, Erode non avrebbe avuto la necessità di consultare i Magi, a meno che il fenomeno in questione non dovesse essere interpretato in maniera simbolica in quanto rivestiva una grande importanza.

Nei primi anni del XVII secolo Johannes Kepler propose un’ipotesi che di recente ha ricevuto un’inaspettata conferma. Nel 1604 Kepler osservò l’apparizione in cielo di una brillante supernova e da ciò dedusse che solo un evento altrettanto grandioso avrebbe potuto mettere in risalto la Natività di Cristo. Nei mesi precedenti aveva seguito Giove e Saturno stranamente vicini nella costellazione dei Pesci.

Allora calcolò con che frequenza si verificano le congiunzioni di Giove e Saturno nei Pesci, trovando che sono molto rare e che una di queste si verificò proprio nell’anno 7 a.C. La sua ipotesi poteva dunque essere vera. Forse i Magi avevano interpretato astrologicamente l’evento in questi termini: un nuovo grande re (Giove) di giustizia (Saturno) sta per nascere tra gli Ebrei. Infatti, i Pesci, segno d’acqua, erano associati a Mosè e per estensione al suo popolo. Nuova credibilità a questa ipotesi è venuta dal ritrovamento, nel nostro secolo, di due antiche tavolette d’argilla babilonesi, scritte in caratteri cuneiformi, che riportavano con grande enfasi per l’anno 7 a.C. l’avvicinamento di Giove a Saturno tra le stelle dei Pesci, a dimostrazione che l’evento era stato previsto, era atteso e che ad esso si accordava notevole importanza.

È possibile affermare alla luce delle precedenti ipotesi che Cristo nacque nel 7 a.C.? Certamente no, poiché sono molte ancora le questioni da risolvere. Ad esempio perché solo Matteo parla della stella e non gli altri Evangelisti? Non si può nemmeno escludere che la stella di Marco sia semplicemente un’invenzione letteraria, non oggetto celeste, ma testimonianza simbolica di una presenza celestiale nel momento in cui nacque Cristo. Il che, naturalmente, nulla toglie alla religiosità e all’importanza dell’evento stesso. 

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 9 del 2005

Un astuto cocchiere

In questo numero ci occupiamo di una costellazione che inizia a fare capolino nei mesi autunnali per poi manifestare tutta la sua bellezza in quelli invernali. Stiamo parlando della costellazione dell’Auriga chiamata anche del Cocchiere.

Trovare questo gruppo di stelle è alquanto facile: la sua parte sud-occidentale giace sulla Via Lattea e si colloca ad ovest di Andromeda e a nord del Toro e dei Gemelli. Inoltre si individua facilmente per due caratteristiche: la prima è data dalla presenza di Capella (la capretta), la stella principale della costellazione che è la sesta stella più luminosa del cielo; la seconda è la configurazione a pentagono.

Secondo un’antica tradizione, Capella sarebbe Amaltea, la ninfa che si prese cura di Giove quando questi era bambino e viveva presso i pastori del monte Ida. Era stata la madre, Gea, a nasconderlo lì per farlo sfuggire alla voracità del padre, Saturno, che divorava i propri figli appena nati. Amaltea fece nutrire Giove da una capretta e il Dio volle poi ricompensarla ponendola in cielo tra gli astri. Un’altra versione attribuisce il nome Amaltea all’animale che alimentò direttamente con il proprio latte il futuro sovrano degli dei.

Tra gli oggetti non stellari si trovano tre ammassi aperti. M38 fu scoperto nel 1749 da Le Gentil e con un binocolo è possibile vedere un centinaio di stelle. M36, invece, non presenta un numero elevato di astri. Con piccoli strumenti è possibile identificare unicamente una decina di componenti, ma estremamente brillanti e dunque di origine recente. Infine, ancora più luminoso è M37 scoperto da Messier nel 1864 che presenta circa 150 stelle al suo interno. Si ritiene che quest’ultimo sia il più vecchio tra i tre ammassi aperti citati.

Una leggenda greca vedeva nella costellazione dell’Auriga Mirtilo, il cocchiere di Enomao, re di Pisa in Elide e figlio di Ares. Enomao, noto per la sua passione per i cavalli, era molto possessivo nei confronti della figlia Ippodamia e non voleva che si sposasse. Un giorno, però, indisse una gara di carri trainati da cavalli nella quale ogni pretendente avrebbe gareggiato contro di lui. Se lo sfidante avesse vinto, gli sarebbe toccata la mano della figlia, ma, se fosse stato sconfitto, avrebbe perso la vita. Il re di Pisa era sicuro della vittoria, perché i cavalli che avrebbe guidato gli erano stati donati dal padre Ares e pertanto erano imbattibili. Quando venne il turno di Pelope, figlio di Ermes, gli dei decisero di intervenire per evitargli il tragico destino. Posidone procurò a Pelope una biga dorata trainata da destrieri alati. Per essere certo di prevalere su Enomao, il pretendente, con la complicità della stessa Ippodamia, si accordò con Mirtilo, il cocchiere reale. Questi manomise la biga del re. Il premio del tradimento sarebbe stato la cessione a Mirtilo di metà del suo regno, nonché il privilegio della prima notte di nozze con Ippodamia. Nel momento cruciale della contesa, le ruote del carro di Enomao volarono via e il re morì. Prima di spirare lanciò tuttavia una maledizione contro l’astuto cocchiere. Infatti, quella stessa sera Pelope uccise con un terribile calcio Mirtilo. Ermes, che apprezzava i trucchi astuti e che comunque era grato al povero cocchiere perché aveva collaborato alla buona sorte del figlio, onorò Mirtilo portandolo in cielo fra le stelle.

Anche nell’antica Mesopotamia questo gruppo di stelle era rappresentato come un cocchiere nell’atto di serrare nella destra le redini dei suoi destrieri e con la sinistra una capretta, appoggiata sul braccio. Gli Arabi conoscevano la costellazione come il guardiano delle Pleiadi o la tenda settentrionale (quella meridionale corrispondeva alla costellazione del Corvo). In un antico globo rinvenuto in Turchia in questa zona di cielo compare invece un mulo. Per gli Egizi rappresentava, invece, Horus, figlio di Iside e di Osiride, il primo mitico sovrano dell’Egitto da cui discesero tutti i faraoni.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 8 del 2005

Informazioni

Astronomia Valli del Noce è un portale che vuole essere un punto di incontro e di informazione per l'attività astronomica che si svolge in Val di Non e Val di Sole (Trentino), ma non solo. Vuole anche essere un punto di partenza per tutti quegli astrofili alla ricerca di informazioni sul mondo dell'astronomia e per tutti quei neofiti che si avvicinano per la prima volta all'astronomia.

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