Andromeda

andromeda1Andromeda - Hevelius, Uranographia, XVII sec.Quando l’estate volge al termine e le giornate si accorciano, inizia a levarsi alta nel cielo una costellazione assai particolare. Figlia di re e sposa di un eroe, Andromeda era una fanciulla di straordinaria bellezza ma il cui destino si fece incerto quando la madre, tanto bella quanto vanitosa fece adirare le nereidi, le figlie di Poseidone. La costellazione di questa fanciulla si colloca infatti, come già Cefeo, Cassiopea e Perseo nella grande narrazione mitologica di quest’ultimo, un semidio, figlio di Zeus e capace di andromeda2Andrómeda escalante, Juan Antonio de Frias, museo del pradoimprese eroiche. Ciò che spesso sfugge è che dopo il matrimonio e la fondazione di Micene, Andromeda fu madre di cinque figli e più tardi, tra i suoi discendenti troveremo un altro eroe degno di Perseo ed anch’esso figlio di Zeus, Eracle (Ercole secondo la cultura romana). Perseo ed Eracle, seppur legati dal sangue, hanno entrambi lo stesso padre divino e non solo, entrambi hanno un simile destino, superare prove ardite per dimostrare il proprio valore.
Ancor più particolare è una vicenda che lega i due eroi: come Perseo sconfisse Cetus, il mostro marino per liberare la sua futura sposa dal suo triste destino, così Eracle salverà la giovane Esione, incatenata ad uno scoglio nuda fuorché dei gioielli. Esione era stata condannata da Poseidone ad essere divorata da un mostro marino per punire il padre, Laomedonte, il re di Troia, reo di non aver ripagato i suoi debiti con il dio del mare e con Apollo che invece lo avevano aiutato ad erigere le mura della città. Eracle a differenza del suo bisnonno, venne inghiottito dal mostro per fuoriuscirne vittorioso dopo tre giorni. Secondo alcuni filoni narrativi, come ricompensa dell’eroica impresa, Esione venne data in sposa al suo salvatore.
La somiglianza tra i due miti è davvero forte tanto da far emergere un collegamento ancora più antico e misterioso che si perde nella notte dei tempi ma che sappiamo essere parte della cultura babilonese, il mito in questione è la vicenda di Marduk. Marduk era un dio minore del culto babilonese che sfidò apertamente Tiamat, mostro marino e rappresentazione della dea creatrice dell’universo e del caos, Ishtar. Durante uno scontro epico Marduk riuscì ad incatenare Tiamat ad uno scoglio usando una rete che ne annulla i poteri, tuttavia l’eroe viene inghiottito dal mostro. andromeda3Marduk lotta contro TiamatDopo tre giorni, Marduk uscì vittorioso dal ventre di Tiamat. Le versioni di questo mito sono nebulose e talvolta contrastanti, ma un indizio dovrebbe farci fare alcune riflessioni: dopo esser stato divorato, passarono tre giorni e l’eroe risorse nella gloria.
Una sintesi del genere è ricorrente in molte culture e religioni, compresa quella cristiana. Una storia antica quindi quella che lega Perseo ed Andromeda ad i giorni nostri, tuttavia la costellazione della principessa acquista un significato ancora più importante per noi che viviamo in quest’epoca contemporanea. La principessa, di grande bellezza, custodisce infatti un tesoro di immenso valore, una galassia, nota con vari nomi la cui storia è per noi specchio della nostra casa stessa, la via lattea ma rappresenta anche il futuro prossimo, in quanto si stima che tra qualche miliardo di anni, queste due galassie si fonderanno insieme.
andromeda4Edwin HubbleUna galassia i cui misteri, tuttavia, hanno iniziato a svelarsi solo da un secolo a questa parte sconvolgendo però la concezione del universo allora conosciuto. Poco più di un secolo fa, infatti, il 26 aprile 1920, nel auditorium “Baird” del museo “Smithsonian”, Harlow Shapley e Heber Curtis presentarono delle ricerche tecniche riguardo alla struttura a grande scala del universo. Passato alla storia come il “Grande dibattito”, la discussione pubblica tra i due studiosi doveva definire se le nebulose (così venivano chiamate ancora le galassie) come quella di Andromeda fossero all’interno del nostro universo (la Via Lattea) oppure al suo esterno.
Shapley riteneva che la Via Lattea fosse la totalità dell’universo e che gli oggetti nebulosi spiraliformi allora osservati (come la nebulosa di Andromeda) fossero all’interno della nostra galassia. Curtis invece riteneva che la nebulosa di Andromeda e altre nebulose simili fossero entità distinte ed esterne alla Via Lattea e le rinominò Galassie o universi isola. Inutile dirlo, ma non ci fu una conclusione netta durante il dibattito.
Solo pochi anni dopo, un astronomo di talento risolse il mistero. andromeda5Telescopio Hooker - Monte WilsonEdwin Hubble, nel 1924 era allora poco più che trentenne, dall’osservatorio di monte Wilson, dotato del telescopio Hooker, un riflettore di 100” (circa 2,5m di diametro) che per l’epoca era il telescopio più potente al mondo, riuscì a misurare la distanza delle stelle cefeidi presenti nella nebulosa di Andromeda, nota anche come M31. Grazie ad una serie di osservazioni riuscì a dimostrare che la galassia di Andromeda era posta al di fuori della Via Lattea. La tecnica adottata era per l’epoca ancora recente e frutto degli studi di una donna che ha reso un servizio fondamentale alla scienza, Henrietta Swan Leavitt la quale, studiando le piastre fotografiche che pervenivano al centro di calcolo di Harvard, strutturò una correlazione matematica tra la luminosità apparente di una stella di tipo cefeide ed il suo periodo. La stella cefeide è un corpo celeste di tipo variabile, cambia cioè la sua luminosità nel tempo con un effetto pulsante. Henrietta era riuscita quindi a definire che la pulsazione era collegata alla luminosità dell’astro e pertanto, misurandone la luminosità apparente da terra, diveniva possibile stimarne la distanza con precisione. Proprio questa tecnica portò Hubble a scoprire che la nebulosa di Andromeda era un “universo isola” o come lo chiamiamo oggi, una galassia distante anni luce da noi. L’astronomo, tuttavia, non si fermò a questa sconvolgente rivelazione che fece diventare la terra un granello di sabbia sperduto in un universo di universi. Hubble capì e definì inoltre che il cosmo non solo è immenso, è anche in continua espansione.
L’espansione è infatti dimostrata dallo spostamento verso il rosso degli spettri di luce emessi dai corpi più lontani. Considerando infatti che gli astri sono tutti della stessa natura e conoscendo grazie alla spettroscopia quella che viene definita classe spettrale degli oggetti celesti, Hubble aveva osservato che gli oggetti più lontani appaiono con uno spettro luminoso spostato verso il rosso, il così detto RedShift dovuto all’effetto doppler.
Essendo che il colore rosso ha lunghezza d’onda maggiore rispetto al blu, uno spostamento di tal fatta indica un allontanamento degli oggetti osservati. Queste rivelazioni fecero presto capire agli astronomi che tutto ciò che noi possiamo arrivare ad osservare è posto entro un limite, un orizzonte spazio-temporale impossibile da superare. Il motivo di questo limite è dettato dalla finitezza della velocità della luce e dall’età dell’universo, non ci è possibile fare osservazioni al di là dell’orizzonte dato dall’età del universo moltiplicata per la velocità della luce. Grazie a studi recenti, in particolare grazie al satellite ESA-Planck, è stato possibile rilevare il “Fondo Cosmico a Microonde” o detto anche CMB. Si tratta del segnale più antico mai rilevato e mai rilevabile. È il segno lasciato dai fotoni risalenti a 380’000 anni dopo il Big-Bang. Questo segnale, per arrivare ai nostri strumenti, ha impiegato circa 13,8 miliardi di anni, motivo per cui le onde luminose, a causa dell’effetto doppler, si sono via via allungate fino a diventare micro-onde, una radiazione elettromagnetica detta di fondo perché pervade tutto lo spazio attorno a noi. La sua scoperta, del tutto casuale, è stata fatta ai laboratori Bell nel 1964 da Arno Penzias e Robert Wilson che stavano facendo studi di tutt’altra natura.
andromeda6Fondo Cosmico a microonde - ESA PlanckConsiderando quindi che la nostra stella, il Sole ha solo 4,6 miliardi di anni, è possibile capire allora perché guardando verso i confini dell’universo vediamo un tempo antico in cui le stelle non sono ancora formate, non perché non lo siano tutt’oggi, bensì perché sono troppo lontane per poterle vedere accese. andromeda7Galassia Gn-z11 - Hubble Space TelescopeNegli anni passati il telescopio spaziale Hubble si è spinto fino ai limiti delle sue capacità, permettendoci di osservare uno degli oggetti noti più antichi, una galassia in formazione di circa 400 milioni di anni di età. Nota come Gn-z11, grazie ad uno studio indipendente guidato dall’università di Tokyo, grazie ai dati del osservatorio Keck-I sito alle Hawaii sul monte Mauna Kea, è stato possibile studiarne lo spettro di emissione. Studiando l’emissione ultravioletta della galassia è stato possibile individuare le “firme” lasciate dalle molecole di carbonio ed ossigeno, individuabili nonostante il redshift. Incrociando questi dati con l’analisi spettrale, osservando il forte spostamento della sorgente luminosa verso il rosso, come appare nella foto, è stato possibile definire che l’oggetto dista 13,4 miliardi di anni dalla terra e pertanto, nell’immagine, ha solo 400 milioni di anni.
Lanciato nel 2021 e reso operativo dal 2022, il successore del telescopio spaziale Hubble (HST) si chiama James Webb Space Telescope (JWST) ed uno dei suoi obiettivi è quello di superare, grazie ad uno specchio 3 volte il diametro di HST ed a strumentazione molto più avanzata e sofisticata, il lavoro fatto dal suo predecessore. Grazie all’impiego del JWST, i ricercatori hanno scoperto due galassie primordiali insolitamente brillanti, una delle quali contiene la luce stellare più lontana mai osservata. Si stima che quelle galassie ebbero origine tra 350 (Z-10,5) e 450 (Z-12,5) milioni di anni dopo il Big Bang.
andromeda8Abell 2744 GLASS; JWST, NASA, ESA, CSA, Tommaso Treu (UCLA)Grazie a questi strumenti sempre più evoluti, possiamo analizzare l’universo che forse infinito; tuttavia, noi possiamo studiarlo solo fino al nostro orizzonte.
Un orizzonte che rispetto agli antichi babilonesi e greci si sposta sempre più lontano.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
Storie del Cielo, Il giro del cosmo in 365 notti, seconda ed., di Ilaria Sganzerla
I miti Greci, di Robert Graves, ed. Longanesi
INAF – Istituto Nazionale Astro Fisica

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia
Hubble Space Telescope
ESA-Planck
NASA, ESA, CSA, James Webb Space Telescope
Atlascoelestis.com – di Felice Stoppa

Articoli correlati

L’Orsa Minore – Ursa Minor

L’Orsa Maggiore – Ursa Major

Alla scoperta delle costellazioni

Informazioni

Astronomia Valli del Noce è un portale che vuole essere un punto di incontro e di informazione per l'attività astronomica che si svolge in Val di Non e Val di Sole (Trentino), ma non solo. Vuole anche essere un punto di partenza per tutti quegli astrofili alla ricerca di informazioni sul mondo dell'astronomia e per tutti quei neofiti che si avvicinano per la prima volta all'astronomia.

Privacy Policy

I cookies servono a migliorare i servizi che offriamo e a ottimizzare l'esperienza dell'utente. Proseguendo la navigazione, senza modificare le impostazioni del browser, accetti di ricevere tutti i cookies del portale web www.astronomiavallidelnoce.it. Se non desideri ricevere i cookies, modifica le impostazioni del tuo browser.

Privacy Policy

AVdN Foto del Giorno

Astronomy Picture of the Day