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Venere svelata da due satelliti meteo

L’atmosfera di Venere è tra le più estreme del Sistema solare: è incredibilmente densa, esercita una pressione al suolo 92 volte superiore a quella terrestre ed è avvolta da nubi di acido solforico. Similmente a quella terrestre, questo spesso strato di gas mostra cambiamenti a lungo termine della temperatura, soprattutto nei suoi strati superiori. Lo studio di tali variazioni è fondamentale per comprendere le dinamiche della circolazione atmosferica e i fenomeni a essa strettamente correlati. Utilizzando due satelliti meteorologici giapponesi, un team di scienziati dell’Università di Tokyo è riuscito a monitorare queste variazioni, stimando la temperatura delle nubi su scale di giorni e anni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati di recente sulla rivista Earth, Planets and Space.

I satelliti in questione sono Himawari-8 e Himawari-9. Lanciati rispettivamente nel 2014 e nel 2016, i due veicoli spaziali sono stati sviluppati e messi in orbita per monitorare fenomeni atmosferici globali della Terra grazie ai loro advanced himawari imager, strumenti in grado di acquisire immagini nel medio infrarosso dell’intero disco terrestre a intervalli di 10 minuti. Sebbene progettati principalmente per l’osservazione meteorologica terrestre, questi satelliti hanno tuttavia un raggio d’azione che include anche lo spazio adiacente alla Terra, riuscendo occasionalmente a catturare immagini della Luna, di pianeti e stelle.

Tra il 2015 e il 2025, per pura coincidenza, i due satelliti hanno più volte immortalato Venere vicino al bordo terrestre. Il team di ricerca guidato dallo scienziato Gaku Nishiyama ha colto questa opportunità, utilizzando le immagini per studiare l’atmosfera superiore del pianeta.

Per ottenere informazioni sui cambiamenti a lungo termine della temperatura dell’atmosfera venusiana, i ricercatori hanno innanzitutto creato un archivio di dati estraendo dai dataset raccolti dai due satelliti tutte le immagini che ritraevano Venere. Esaminando l’archivio, Nishiyama e colleghi hanno trovato un totale di 437 occorrenze, ossia 437 immagini in cui Venere appariva dietro la Terra come un puntino sullo sfondo.

Tenendo conto del rumore di fondo, hanno quindi stimato la radianza di Venere – una misura della quantità di energia luminosa emessa da un corpo celeste. Successivamente, sulla base di questa misura, hanno calcolato la cosiddetta temperatura di brillanza, ovvero la temperatura del corpo celeste corrispondente alla radiazione emessa. In questo modo sono riusciti a tracciare la variazione temporale della temperatura delle nubi durante i periodi in cui il pianeta, la Terra e il satellite geostazionario si trovavano allineati. I valori ottenuti sono stati infine analizzati su scala giornaliera e annuale e confrontati tra loro per studiare la variabilità di due fenomeni atmosferici: le maree termiche – movimenti di masse d’aria provocate dal riscaldamento dell’atmosfera da parte del Sole – e le onde su scala planetaria o onde di Rossby – perturbazioni atmosferiche risultanti dalla rotazione planetaria.

Su scala annuale, i risultati delle indagini hanno rivelato una significativa variazione temporale della temperatura di brillanza a varie ore locali dal 2015 a oggi, in particolare sul lato diurno di Venere, suggerendo un cambiamento nelle ampiezze delle maree termiche diurne. Secondo i ricercatori, queste variazioni potrebbero essere correlate a cambiamenti nella stabilità dell’atmosfera venusiana e potenzialmente a variazioni dell’albedo e della velocità del vento negli strati alti dell’atmosfera.  Su scala giornaliera, invece, lo studio ha rivelato una diminuzione dell’ampiezza delle onde di Rossby nel tempo e con l’aumentare dell’altitudine, con le ampiezze più basse osservate oltre i 68 chilometri.

Questi risultati dimostrano che i satelliti meteorologici possono fungere da occhi aggiuntivi per accedere all’atmosfera venusiana dallo spazio e integrare le future osservazioni da Terra e dallo spazio, sottolineano i ricercatori. L’utilizzo di questi set di dati migliorerà la nostra capacità di monitorare  le temperature di Venere nel tempo, contribuendo a una comprensione più approfondita dei complessi processi che si verificano nell’atmosfera del pianeta.

«Credo che il nostro approccio abbia aperto con successo una nuova strada per il monitoraggio a lungo termine e multibanda dei corpi del Sistema solare», conclude Nishiyama. «La prospettiva di poter accedere a un’ampia gamma di condizioni geometriche, svincolata dalle limitazioni delle osservazioni da Terra, è chiaramente entusiasmante. Ci auguriamo che questo studio ci permetta di valutare le proprietà fisiche e compositive, così come la dinamica atmosferica, del pianeta, e di contribuire a una comprensione più approfondita dell’evoluzione planetaria in generale».

 

Fonte: Media INAF

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