La teoria del Big Bang è ampiamente confermata da numerose osservazioni che hanno portato al modello cosmologico noto come Lambda-Cdm, dove la ‘lambda’ (Λ) rappresenta la costante cosmologica associata all’energia oscura responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’universo, e ‘Cdm’ sta per cold dark matter (materia oscura fredda), una componente costituita da particelle interagenti solo gravitazionalmente ed essenziale nella formazione delle strutture cosmiche. Un nuovo studio effettuato dai cosmologi della Sissa Sandeep Haridasu, Paolo Salucci e Gauri Sharma, pubblicato lo scorso giugno su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ha aperto una strada per comprendere una delle predizioni della teoria che sembra essere in serio disaccordo con le osservazioni.
Recenti indagini hanno infatti evidenziato un’anomalia nell’attuale velocità dell’espansione dell’universo H0, nota come tensione di Hubble. «Il valore di H0 sembra essere infatti differente a secondo di come viene misurato», spiega Haridasu. Utilizzando le proprietà delle supernove e delle variabili cefeidi osservate nelle galassie vicine come misuratori delle loro distanze da noi, il valore risultante è H0=73 km/s per megaparsec, mentre le proprietà della radiazione cosmica di fondo che pervade tutto l’universo implicano H0=67 km/s per megaparsec. Queste due determinazioni sono estremamente precise: «la probabilità che siano statisticamente in accordo», , continua Haridasu, «risulta inferiore a una su un miliardo». L’anomalia della tensione di Hubble potrebbe essere il segno della presenza di una fisica sconosciuta, oltre le equazioni di Einstein.
Nel lavoro pubblicato da Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Haridasu, Salucci e Sharma hanno ideato e utilizzato un nuovo metodo per investigare l’espansione dell’universo che si basa sulle proprietà delle galassie a spirale.
In queste, le stelle che si trovano a un certo raggio dai loro centri mantengono un equilibrio gravitazionale grazie alla loro velocità di rotazione: come conseguenza, la luminosità di una galassia e le velocità di rotazione delle stelle a specifici raggi sono strettamente correlate. Ciò porta a un nuovo misuratore delle distanze delle galassie che ha una precisione simile a quelli di cui sopra, ma che può applicarsi a un numero molto maggiore di oggetti.
Utilizzando questa tecnica, spiega Salucci, «siamo riusciti a tracciare l’espansione dell’universo fino a 150 megaparsec, analizzando un campione di 843 galassie a spirale». Il lavoro riporta 3650 misurazioni del rapporto tra il parametro di Hubble a diverse distanze da noi e il suo valore a redshift zero, ognuna con una precisione fino al 15 per cento. Queste misure implicano che, fino a 200 megaparsec da noi, l’espansione dell’universo corrisponde alle previsioni del modello standard Lambda-Cdm con il valore di H0=73. Non si osserva nessuna diminuzione di questa quantità via via che ci si allontana dalla nostra galassia, in contrasto con molte “spiegazioni locali” della tensione di Hubble che sono state proposte, tra tutte la presenza di un gigantesco vuoto cosmico nei pressi della nostra galassia. «Se è la presenza di nuova fisica l’origine della tensione di Hubble», conclude Sharma, «questa deve manifestarsi su scale molto più vaste di 200 Mpc, e forse addirittura nei primi istanti della vita dell’universo».
Fonte: press release Sissa