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Risolti due enigmi planetari

Fino agli anni ’90 gli unici pianeti di cui conoscevamo l’esistenza erano quelli all’interno del Sistema solare. Nel 1992 Aleksander Wolszczan e Dale Frail scoprirono i primi mondi in orbita attorno ad altre stelle. Da quell’anno in poi, il numero di pianeti extrasolari scoperti è cresciuto vertiginosamente. Oggi, mercoledì 9 novembre, il contatore sul sito Nasa Exoplanet exploration segna 5197 esopianeti, appartenenti a 3888 sistemi planetari.

Sulle caratteristiche di alcuni di questi mondi alieni e dei loro sistemi planetari ci sono alcune questioni irrisolte. Enigmi che attendono ancora una risposta. Uno di questi è il cosiddetto radius valley e si riferisce alla rarità degli esopianeti con un raggio compreso tra quello delle super-Terre (1.4 raggi terrestri) e dei mini-Nettuno (2.5 raggi terrestri), cioè tra 8mila e 16mila chilometri circa. Il nome è dato da una caratteristica del grafico che mette in relazione il numero di esopianeti e i loro raggi (lo vedete nel grafico qui accanto): una curva bimodale con la maggior parte dei pianeti distribuiti in due aree con picchi centrati a 1.4 e 2.5 raggi terrestri e, in mezzo, un avvallamento: la radius valley, appunto, dove sono presenti pochi pianeti, con un minimo centrato a 1.8 raggi terrestri. Il gap è stato evidenziato dalla missione Kepler della Nasa, che ha osservato questi pianeti “di mezzo” da due a tre volte meno frequentemente delle super-Terre e dei mini-Nettuno.

Il secondo enigma è quello dei peas in a pod, letteralmente “piselli in un baccello”, e indica la condizione per cui gli esopianeti che orbitano intorno alla stessa stella tendono ad avere dimensioni simili e una spaziatura orbitale regolare – come i piselli in un baccello, appunto.

Un team di astronomi guidati dalla Rice University di Houston (Usa) ha ora trovato la soluzione a questi due enigmi attraverso simulazioni che hanno permesso di ricostruire i primi 50 milioni di anni di sviluppo dei sistemi planetari, da quando i dischi protoplanetari iniziano a dare origine ai giovani pianeti fino alla scomparsa del disco stesso. I risultati dello studio sono stati pubblicati la settimana scorsa su The Astrophysical Journal Letters.

«Credo che siamo i primi a spiegare la “valle dei raggi” utilizzando un modello di formazione planetaria e di evoluzione dinamica che dà conto in modo auto-consistente dei molteplici vincoli delle osservazioni», dice André Izidoro, ricercatore alla Rice University e primo autore dello studio. «Inoltre, siamo stati in grado di dimostrare che un modello di formazione planetaria che integra impatti giganti è coerente con la caratteristica degli esopianeti chiamata “piselli in un baccello”».

Lo scenario emerso dalla simulazione è un modello di migrazione planetaria detto di “rottura delle catene”. Secondo tale modello, durante le prime fasi di formazione planetaria i pianeti migrano verso il bordo interno dei dischi protoplanetari (ciambelle di gas e polveri che circondano le giovani stelle), dove formano una catena di risonanze orbitali: vengono cioè bloccati in una configurazione risonante. Dopo che tutto il gas del disco è stato consumato, oltre il 90 per cento dei sistemi planetari diventa dinamicamente instabile, il che porta a una fase caratterizzata da impatti giganti tra i pianeti in formazione che rompono questa catena di risonanze orbitali.

«La migrazione di giovani pianeti verso le loro stelle ospiti crea sovraffollamento e spesso provoca collisioni catastrofiche che spogliano i pianeti delle loro atmosfere ricche di idrogeno», spiega Izidoro. «Ciò significa che gli impatti giganti, come quello che ha formato la nostra Luna, sono probabilmente un risultato generico della formazione del pianeta».

Questo modello evolutivo, aggiungono i ricercatori, ha prodotto sia una curva della distribuzione dei pianeti in funzione del raggio caratterizzata dalla tipica “valle”, che un’uniformità all’interno dei sistemi planetari tipica dei “piselli in un baccello”, con pianeti di dimensioni simili e regolarmente distanziati.

Come accennato, la valle dei raggi separa due classi di pianeti: le “super-Terre” e i “mini-Nettuno”. L’origine di queste due tipologie di mondi è dibattuta. Secondo un modello, le super-Terre sono mini-Nettuno che hanno perso la loro atmosfera per foto-evaporazione. Il modello presuppone dunque che le super-Terre e i nuclei dei mini-Nettuno abbiano una composizione prevalentemente rocciosa. Secondo un altro modello, le super-Terre sono pianeti rocciosi mentre i mini-Nettuno sono mondi ricchi di acqua e ghiaccio. Le simulazioni condotte in questo studio supportano il secondo di questi modelli. I risultati dello studio suggeriscono infatti che i pianeti di circa 1.4 raggi terrestri siano per lo più rocciosi, mentre quelli con raggi di circa 2.4 volte quello della Terra siano per lo più mondi ricchi di acqua ghiacciata.

 

Fonte: Media INAF

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