Quasi tutti i pianeti del Sistema solare hanno lune. La nostra la conosciamo molto bene, ed è bellissima. Sono molto affascinanti anche i satelliti medicei di Giove – Io, Europa, Ganimede e Callisto – come pure Mimas, Encelado e Titano, lune di Saturno, Tritone di Nettuno e Caronte di Plutone. Queste sono solo alcune delle lune del Sistema solare: poche in realtà, visto che attualmente se ne contano quasi 300. Mercurio e Venere, come probabilmente sapete, non hanno lune. E Marte ne ha due che apparentemente più che mondi sferici sembrano sassi acchiappati dalla gravità del pianeta. Si chiamano Phobos e Deimos: Paura e Terrore, attendenti della divinità italica. E mentre Juice sta volando verso le lune di Giove, seguita a ruota da Europa Clipper, qui sulla Terra scienziati della Nasa hanno usato simulazioni condotte su un supercomputer per rivelare una nuova potenziale soluzione al mistero marziano della origine delle sue lune. Il primo passo, secondo i risultati, potrebbe essere stato la distruzione di un asteroide.
Grazie a queste simulazioni, i ricercatori hanno riscontrato che è plausibile che un asteroide transitato vicino a Marte sia andato distrutto, con frammenti di roccia sparsi in diverse orbite. Più della metà dei frammenti sarebbe sfuggita al sistema marziano, ma altri sarebbero rimasti in orbita. I frammenti rimasti nell’orbita di Marte sono poi stati trascinati dalla gravità del pianeta e del Sole. Alcuni dei frammenti si sono scontrati l’uno con l’altro, e ogni scontro li ha ridotti ulteriormente, spargendo altri detriti. Dopo molte collisioni, i detriti potrebbero essersi depositati in un disco in orbita attorno al pianeta e, nel corso del tempo, alcuni di questi materiali si sarebbero gradualmente raggruppati, formando le due piccole lune.
Per verificare questa teoria, i ricercatori hanno esplorato centinaia di diverse simulazioni di incontro ravvicinato, variando le dimensioni, la rotazione, la velocità e la distanza dell’asteroide al momento del suo massimo avvicinamento al pianeta. Hanno utilizzato Swift, un codice di calcolo open-source ad alte prestazioni, e i sistemi informatici avanzati dell’Università di Durham, nel Regno Unito, per studiare in dettaglio sia la perturbazione iniziale sia, utilizzando un altro codice, le orbite successive dei detriti.
In un articolo pubblicato il 20 novembre sulla rivista Icarus, i ricercatori riferiscono che in molti scenari un numero sufficiente di frammenti di asteroidi sopravvive e, dopo ripetuti scontri, porta alla formazione delle lune.
Due sono le ipotesi per la formazione delle lune marziane che hanno guidato il gruppo. Una propone che asteroidi di passaggio siano stati catturati interamente dalla gravità di Marte, il che potrebbe spiegare l’aspetto delle lune, in qualche modo simile a quello degli asteroidi. L’altra sostiene che un gigantesco impatto sul pianeta abbia fatto fuoriuscire abbastanza materiale – un mix di Marte e di detriti dell’impatto – da formare un disco e, infine, le lune. Come si ritiene sia avvenuto per la Terra. Quest’ultima spiegazione rende meglio conto delle traiettorie che le lune percorrono oggi – in orbite quasi circolari che si allineano strettamente con l’equatore di Marte. Tuttavia, un impatto gigante espelle il materiale in un disco che, per lo più, rimane vicino al pianeta. Mentre le lune di Marte, in particolare Deimos, sono piuttosto lontane dal pianeta e probabilmente si sono formate lì.
Testare diverse idee sulla formazione delle lune di Marte è l’obiettivo principale della prossima missione Martian Moons eXploration (Mmx) guidata dalla Jaxa (Japan Aerospace Exploration Agency). Il veicolo spaziale effettuerà un’indagine su entrambe le lune per determinarne l’origine e raccoglierà campioni di Phobos da portare sulla Terra per studiarli. A bordo, uno strumento della Nasa chiamato Megane – acronimo di Mars-moon Exploration with Gamma rays and Neutrons – identificherà gli elementi chimici di cui è composto Phobos e aiuterà a selezionare i siti per la raccolta dei campioni. Capire di cosa sono fatte le lune è un indizio che potrebbe aiutare a distinguere tra l’origine asteroidale o quella da impatto.
Il prossimo passo sarà quello di simulare e studiare in modo più dettagliato l’intera cronologia della formazione delle lune, oltre che esaminare la struttura del disco stesso per fare previsioni più dettagliate su ciò che potrebbe trovare la prossima missione sulle lune di Marte.
Fonte: Media INAF