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Acqua su Marte, ecco la mappa

Una nuova mappa di Marte sta cambiando la nostra idea di come l’acqua in passato abbia solcato la superficie del pianeta e mostra dove sarebbe auspicabile atterrare in futuro. La mappa evidenzia i giacimenti minerari in tutto il Pianeta rosso ed è stata meticolosamente preparata nell’ultimo decennio utilizzando i dati del Mars Express Observatoire pour la Mineralogie dell’Esa (Eau), lo strumento les Glaces et l’Activité (Omega) e lo strumento Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars (Crism) del Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa. In particolare, mostra le posizioni e le abbondanze dei minerali idratati, ossia rocce che in passato sono state alterate chimicamente dall’azione dell’acqua e che sono state tipicamente trasformate in argille e sali.

Sulla Terra, le argille si formano quando l’acqua interagisce con le rocce, dando origine in diverse condizioni a diversi tipi di argille. Ad esempio, i minerali argillosi come la smectite e la vermiculite si formano quando quantità relativamente piccole di acqua interagiscono con la roccia e quindi conservano per lo più gli stessi elementi chimici delle rocce vulcaniche originali. Nel caso della smectite e della vermiculite tali elementi sono ferro e magnesio. Quando la quantità di acqua è relativamente alta, le rocce possono essere maggiormente alterate. Gli elementi solubili tendono ad essere portati via lasciando dietro di sé argille ricche di alluminio, come il caolino.

La grande sorpresa che si evince dalla mappa è la prevalenza di questi minerali. Dieci anni fa, gli scienziati planetari erano a conoscenza di circa mille affioramenti su Marte, reputati interessanti “stranezze” geologiche. Tuttavia, la nuova mappa ha ribaltato la situazione, rivelando centinaia di migliaia di tali aree nelle parti più vecchie del pianeta. «Questo lavoro ha ora stabilito che quando si studiano in dettaglio i terreni antichi, la vera stranezza è non vedere questi minerali», afferma John Carter, primo autore di uno dei due articoli pubblicati su Icarus, dell’Institut d’Astrophysique Spatiale (Ias) e Laboratoire d’Astrophysique de Marseille (Lam), Université Paris-Saclay e Aix Marseille Université, in Francia.

Secondo gli autori, questo è un cambio di paradigma per la nostra comprensione della storia del Pianeta rosso: dal minor numero di minerali acquosi che si pensava fossero presenti, era possibile che l’acqua fosse limitata, sia per estensione che permanenza. Ora, non c’è dubbio che l’acqua abbia svolto un ruolo enorme nel plasmare la geologia di tutto il pianeta.

A questo punto la grande domanda a cui occorre rispondere è se l’acqua sia stata persistente o episodica, ossia confinata in periodi più brevi e più intensi. Pur non fornendo ancora una risposta definitiva, i nuovi risultati offrono sicuramente uno strumento migliore per proseguire la ricerca. Secondo Carter, la comunità scientifica ha forse semplificato eccessivamente Marte. Gli scienziati planetari hanno avuto la tendenza a pensare che solo pochi tipi di minerali argillosi sul Pianeta rosso siano stati creati durante il suo periodo umido, quindi quando l’acqua si è gradualmente prosciugata, i sali sono stati prodotti in tutto il pianeta. Questa nuova mappa mostra che in realtà le cose sono più complicate. Mentre molti dei sali marziani probabilmente si sono formati più tardi delle argille, la mappa mostra numerose eccezioni in cui vi è un’intima mescolanza di sali e argille e sono evidenti alcuni sali che si presume siano più antichi di alcune argille.

«L’evoluzione da molta acqua a niente acqua non è così netta come pensavamo. L’acqua non si è fermata in una notte. Vediamo un’enorme diversità di contesti geologici, così che nessun processo o semplice sequenza temporale può spiegare l’evoluzione della mineralogia di Marte. Questo è il primo risultato del nostro studio. Il secondo è che se si escludono i processi vitali sulla Terra, Marte mostra una diversità di mineralogia in contesti geologici proprio come succede sulla Terra», osserva Carter.

In altre parole, più guardiamo da vicino, più il passato di Marte diventa complesso.

Gli strumenti Omega e Crism sono ideali per questa indagine. I loro set di dati sono altamente complementari, lavorano sullo stesso intervallo di lunghezze d’onda e sono sensibili agli stessi minerali. Crism fornisce immagini spettrali ad alta risoluzione della superficie (fino a 15 metri per pixel) per zone altamente localizzate di Marte e lo rende il più adatto per la mappatura di piccole regioni di interesse, come i siti di atterraggio dei rover. Ad esempio, la mappa evidenzia che il cratere Jezero, dove attualmente sta conducendo le sue esplorazioni il rover Perseverance della Nasa, presenta una ricca varietà di minerali idratati. Omega, d’altra parte, fornisce una copertura globale di Marte con una risoluzione spettrale più elevata e con un migliore rapporto segnale/rumore. Ciò lo rende più adatto per la mappatura globale e regionale e per la discriminazione tra i diversi minerali di alterazione.

«Sapere dove, e in quale percentuale, è presente ogni minerale ci dà un’idea migliore di come quei minerali potrebbero essersi formati», spiega Lucie Riu, prima autrice del secondo articolo pubblicato su Icarus, dell’Institute of Space and Astronautical Science (Isas), Japanese Aerospace eXploration Agency (Jaxa), in Giappone.

Questo lavoro offre anche a coloro che si occupano della pianificazione di missioni alcuni ottimi candidati per futuri siti di atterraggio, per due motivi. In primo luogo, i minerali acquosi contengono ancora molecole d’acqua. Insieme alle posizioni note di ghiaccio d’acqua sepolto, questo fornisce possibili posizioni per estrarre l’acqua per l’utilizzo delle risorse in situ, fondamentale per la creazione di basi umane su Marte. Per non parlare poi del fatto che argille e sali sono materiali da costruzione comuni sulla Terra.

In secondo luogo, ancor prima che l’umanità arrivi su Marte, i minerali acquosi forniscono luoghi fantastici in cui svolgere attività scientifica. Nell’ambito di questa campagna di mappatura dei minerali, è stato scoperto il sito ricco di argilla di Oxia Planum, scelto come sito di atterraggio per il rover Rosalind Franklin dell’Esa. Queste antiche argille includono minerali ricchi di ferro e magnesio di smectite e vermiculite. Non solo possono aiutare a comprendere il clima passato del pianeta, ma sono luoghi perfetti per capire se effettivamente, un tempo, su Marte fosse presente la vita.

Come sempre quando si ha a che fare con Marte, più impariamo sul pianeta, più diventa affascinante.

 

Fonte: Media INAF

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